Orna Donath

Women who opt not to be mothers are frequently warned that they will regret their decision later in life, yet we rarely talk about the possibility that the opposite might also be true—that a woman who becomes a mother might regret it. Sociologist Orna Donath dispels the silence around this profoundly taboo subject in a powerful work that draws from her years of research interviewing women who wish they had never become mothers. Donath treats regret as a feminist issue: as regret marks the road not taken, we need to consider whether alternative paths for women may currently be blocked off. Donath asks that we pay attention to what is forbidden by our contemporary rules governing motherhood, time, and emotion, including the cultural assumption that motherhood is a “natural” role for women—for the sake of all women, not just those who regret becoming mothers. Donath finds that the women in her study became mothers for a wide variety of reasons: some did so to avoid divorce, exclusion from their family, or alienation from their friends; others did not think about it at all, but accepted it as the “next step” of what society considers to be a normal and natural life course. Others experienced regret despite initially having an strong desire to become mothers. Though they may love their children, these women each describe the agonizing guilt and suffering they have experienced as a result of becoming mothers, and consider the different ways they have each come to recognize and deal with these conflicts.

Darf man es bereuen, Mutter zu sein? Ein Tabubruch "Regretting Motherhood" thematisiert, was bisher kaum ausgesprochen wird: Dass viele Frauen in der Mutterschaft nicht die "vorgeschriebene" Erfüllung finden. Dass sie ihre Kinder lieben und trotzdem nicht Mutter sein wollen. Ih ihrem bahnbrechenden Buch analysiert die engagierte Soziologin Orna Donath die Dimension des Tabus und lässt Mütter selbst von ihren Erfahrungen berichten.

«Ti pentirai di non avere avuto figli! Ricorda, te ne pentirai!». Questa profezia di sventura accompagna le donne che hanno deciso di non diventare madri. Benché la tecnica moderna permetta da tempo alle donne di scegliere più che mai liberamente se avere figli o meno, l’effettiva scelta di non averli determina ancora una forte stigmatizzazione sociale e una severa colpevolizzazione: «Te ne pentirai!». Tanto che non è neppure pensabile che si dia il contrario, ovvero che una madre si penta di aver avuto dei figli. La sacralizzazione della maternità, anche nelle società avanzate come le nostre, non ammette neppure questa possibilità; manca persino il linguaggio per esprimere questo pentimento, che a molti pare un’aberrazione, una cosa impossibile o, addirittura, immorale. Orna Donath, la giovane sociologa israeliana autrice di questo libro, lei stessa non-madre, ha deciso di infrangere questo tabù e dare voce a un sentimento che è più diffuso di quanto si pensi. Con un’indagine sociologica basata sulle interviste di ventitré donne, descrive l’universo del pentimento materno, che non va confuso in nessun modo con l’amore per i propri figli. Proprio il contrario; in tutte le interviste il pentimento e l’amore materno sono due sentimenti fortemente distinti. Il fatto è che la società si attende a tal punto che le donne diventino madri che molte si lasciano condurre verso questo esito senza soffermarsi a pensare veramente cosa desiderano per se stesse. Questo libro è dunque sociologia come non se ne leggeva da tempo: la capacità di far affiorare un sentire sociale che era davanti a tutti ma che nessuno, prima, vedeva. E l’hashtag #RegrettingMotherhood, rapidamente diventato virale dopo la pubblicazione di questa ricerca, dimostra come il tema sia attuale, sofferto e ancora tutto da scoprire.«Doveva essere un paper che analizzava un inesplorato ambito della genitorialità, destinato per lo più agli studiosi. Invece è uscito dall’ambito degli specialisti e ha fatto il giro del mondo.»La Repubblica«Un’indagine che sfida i tabù della società, perché ogni rimorso è tollerato, tranne quello di avere messo al mondo dei figli.»Vanity Fair«Con la sua ricerca e con il suo libro, Donath ha reso visibile una cosa che fino a oggi era rimasta confinata alle confessioni tra amiche o sui lettini degli psicoterapeuti.»Der Spiegel