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Fin dall'inizio di questo libro è chiaro che la violenza, bruta e ingiustificata, fosse la base di tutta la narrazione. Due pagine prima si parlava di biscotti e di cotte e due pagine dopo ragazzini rapiti e genitori uccisi.
Durante il corso della narrazione passiamo nella mente di tutti e 42 i ragazzini ed è traumatico perché ci si affeziona a molti di loro che poi poche pagine dopo muoiono in modi violentissimi.
Il paragone tra questo libro e la saga di Hunger Games nasce spontaneo, ma oltre all'uso dello stesso trope, ossia il torneo mortale, le somiglianze sono poche. In questo libro, a doversi ammazzare fra di loro, sono i membri di una classe, amici e compagni da molti anni, addirittura alcuni fidanzati tra loro; inoltre, come ho già anticipato, passiamo attraverso i punti di vista di tutti e non solo del protagonista quindi le loro morti colpiscono molto di più. Il finale mi ha sorpresa, in modo positivo. Mi aspettavo qualche colpo di scena, ma non mi è sembrato troppo chiamato.
Sicuramente è un libro su cui rifletterò molto e che tornerò a rivisitare di tanto in tanto.