Noor Naga

In the aftermath of the Arab Spring, an Egyptian American woman and a man from the village of Shobrakheit meet at a café in Cairo. He was a photographer of the revolution, but now finds himself unemployed and addicted to cocaine, living in a rooftop shack. She is a nostalgic daughter of immigrants “returning” to a country she’s never been to before, teaching English and living in a light-filled flat with balconies on all sides. They fall in love and he moves in. But soon their desire—for one another, for the selves they want to become through the other—takes a violent turn that neither of them expected. A dark romance exposing the gaps in American identity politics, especially when exported overseas, If an Egyptian Cannot Speak English is at once ravishing and wry, scathing and tender. Told in alternating perspectives, Noor Naga’s experimental debut examines the ethics of fetishizing the homeland and punishing the beloved . . . and vice versa. In our globalized twenty-first-century world, what are the new faces (and races) of empire? When the revolution fails, how long can someone survive the disappointment? Who suffers and, more crucially, who gets to tell about it?

Lei è un’americana laureata alla Columbia, lui un egiziano nato in un villaggio “che nessuno ha mai sentito nominare”. Si incontrano al Cairo in una stagione segnata dall’incertezza per il futuro, sei anni dopo la rivoluzione del 2011 che non è riuscita a portare il rinnovamento tanto sperato, e a partire da quel momento la loro vita non sarà più la stessa. La ragazza, figlia di egiziani benestanti emigrati negli Stati Uniti, è in cerca delle sue “radici”, come dice la madre in tono sprezzante, virgolettando la parola con le dita. Testa rasata, abiti mai abbastanza castigati, se ne va in giro per il Cairo senza velo, attirando la curiosità e spesso la riprovazione della gente. Il ragazzo, tanto povero quanto orgoglioso, ha documentato la rivoluzione con la macchina fotografica da cui non si separa mai e quando tutto è crollato, quando gli stranieri se ne sono andati abbandonando il paese al suo destino, è precipitato in una spirale di apatia che lo avvolge tuttora, complice l’abuso di sostanze. È allora possibile che la fragile relazione nata tra i due protagonisti senza nome li aiuti a ridare un indirizzo alla loro esistenza? O forse invece la distanza culturale rimarrà incolmabile? Come può una ragazza che si vantava di non piegarsi mai davanti alle ingiustizie tollerare il maschilismo e la violenza di un ragazzo ossessionato dalle proprie convinzioni? Con una scrittura immaginifica e sensuale, Noor Naga ci porta nel cuore di una metropoli brutale e caotica, tessendo una costruzione ardita che sfida la forma-romanzo fino a una risoluzione inaspettata. La tragedia di due mondi che si scontrano, una storia fatta più di domande che di risposte, dove la lingua, l’identità e la ricerca di un senso di appartenenza sono sempre in primo piano. La storia di un amore al Cairo o un romanzo sull’amore come arma dell’Impero?

RBC Bronwen Wallace Award winner Noor Naga's bracing debut, a novel-in-verse about a young woman's romantic relationship with a married man and her ensuing crisis of faith. Coocoo is a young immigrant woman in Toronto. Her faith is worn threadbare after years of bargaining with God to end her loneliness and receiving no answer. Then she meets her mirror-image; Muhammad is a professor and father of two. He's also married. Heartbreaking and hilarious, this verse-novel chronicles Coocoo's spiraling descent: the transformation of her love into something at first desperate and obsessive, then finally cringing and animal, utterly without grace. Her best friend, Nouf, remains by her side throughout, and together they face the growing contradictions of Coocoo's life. What does it mean to pray while giving your body to a man who cannot keep it? How long can a homeless love survive on the streets? These are some of the questions this verse-novel swishes around in its mouth.