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Il mondo aveva i denti e in qualsiasi momento ti poteva morsicare. Questo Trisha McFarland scoprì a nove anni. Alle dieci di una mattina di giugno era sul sedile posteriore della Dodge Caravan di sua madre con addosso la sua maglietta blu dei Red Sox (quella che ha 36 Gordon sulla schiena) a giocare con Mona, la sua bambola. Alle dieci e mezzo era persa nel bosco. Alle undici cercava di non essere terrorizzata, cercava di non pensare: 'Questa è una cosa seria, questa è una cosa molto seria'. Cercava di non pensare che certe volte a perdersi nel bosco ci si poteva fare anche molto male. Certe volte si moriva.
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Sinceramente da un libro che racconta di una bambina perduta nel bosco cosa potevo aspettarmi?
200 pagine di bambina sola e perduta nel bosco.
Esattamente.
Che poi ci siano innumerevoli riferimenti al baseball, gioco che io non conosco se non per la canzone di High School Musical, è un dato aggiunto.
Questo libro è stata più una challenge, una doppia challenge, con me stessa che un'esperienza di lettura; avevo promesso che avrei superato Abby Jimenez come autrice più letta dell'anno e ci sono riuscita, questo è tutto ciò che conta.
La trama di questo libro è abbastanza lineare: la bambina si perde nel bosco, pensa di vedere Tom Gordon, cammina e cade, cammina e cade. Niente di eclatante, nessun colpo di scena.
Tra i libri di King che ho letto questo sicuramente non è tra i preferiti, ma fa numero.